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  • Immagine del redattoreTiziana Bellini

L'IGNORANZA DEL CONTADINO




Il mese di marzo, spunta, nei campi, nei fossati e nei prati, una gran quantità di erbe spontanee e in contemporanea rimbalzano sui social le fotografie di germogli e verdi ciuffetti di ogni genere.


Ognuno di noi ritiene di conoscere il nome esattamente perfetto ed esatto di quell’erbetta o di quel germoglio e i post si arricchiscono di commenti e contestazioni su questo o l’altro nome.


Come quando ci sono le regate internazionali diventiamo tutti skipper, come quando durante i campionati di calcio siamo tutti tecnici e arbitri.


E mi fa sorridere come, nel 2021, forse fomentati dai format televisivi dove la rissa fa crescere l’audience, si riesca a dibattere animatamente anche sui nomi delle erbe selvatiche.



Una delle tradizioni Friulane era quella di trascorrere il 25 aprile, San Marco, nei prati, portando poche cose e l’immancabile frittata con le erbe. Una sorta di reincontro con la natura, anche dal punto di vista gastronomico, dopo i mesi invernali.


(ortiche da lasciare nel campo)



La frite di prat, la fortaia co le erbe, la fartae cu lis iarbis, o fartaa oggi la troviamo nei menù dei ristoranti come “frittata di erbe spontanee”.



Già solo il nome “frittata”, declinato in alcune sfumature della lingua friulana ci fa capire quante possano essere le variabili di una eventuale ed impossibile ricetta.


Figuriamoci poi se volessimo indicare anche i nomi delle erbe.




Ricordo, quand’ero piccola, che mia nonna ne parlava con le sue amiche, di quali erbe mettevano nella frittata, utilizzando i vari nomi senza che nessuna pretendesse di avere in mano lo scettro della verità, come quando oggi, in una mescolanza di lingue, una persona parla in inglese e l’altra risponde in italiano comprendendosi reciprocamente.


(ortiche commestibili)


Ecco, quella era l’intelligenza del contadino, la vera conoscenza della natura, di chi vive a contatto con il campo, l’orto e il prato. Quando le scuole non erano obbligatorie e la maggior parte della popolazione era “ignorante”, quando anche i bambini sapevano distinguere funghi, erbe e spezie senza dover frequentare corsi specifici.


A quei tempi, da ignoranti, tutti conoscevano questi nomi:


Valerianella (galet, ardielut),

Bieta da taglio (erbete, blede),

Silene vulgaris (grisol, grisolò,grisel, sclopit)

Rosolaccio (pavariel, pevariel, papaver salvadi, confenon)

Tarassaco (preti, radicele, tale, pissacan, pissecian)

Luppolo (bruscandui, bruscandul, colombon, urtizzon, urtiçons)

Ortica (ortiga, urtie)

Acetosella (pan-e-vin)

Pungitopo (rust,ruscli)

Spinaci (spinaze)


e soprattutto sapevano cosa farne.






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